Psicoterapia

La psicoterapia cognitivo neuropsicologica o PCN

La psicoterapia cognitiva neuropsicologica o PCN, assume una posizione ermeneutico – fenomenologica volta a prendere in esame la specificità dell’individuo attraverso la trama identitaria del suo racconto.
Un racconto che descrive l’esperienza vissuta in prima persona e attraverso il quale, secondo il filosofo francese Paul Ricoeur (1983) l’uomo assume l’esperienza come “tempo umano”, la trama narrativa nella quale ogni singolo episodio si colloca e va a costituire la storia dell’individuo. Un’esperienza che secondo Ricoeur è già preriflessivamente significativa e “chiede” soltanto di essere narrata.
Un’esperienza che, secondo il filosofo francese Maurice Merleau-Ponty è iscritta nella “carne”, nel corpo vivo, in quel sentire enterocettivo che rende il vissuto “proprio” del soggetto che lo esperisce in prima persona.
Il corpo che io sono, mi permette di esperire, di “sentire” la tonalità emotiva associata all’esperienza, poiché si è sempre presso il mondo, presso le cose provando un’emozione. Carnalità e sintonizzazione emotiva contribuiscono a definire l’essere mio dell’esperienza o ipseità che soltanto in seconda battuta viene articolata in una trama narrativa identitaria.

Proprio attraverso il racconto il terapeuta può accedere ai vissuti esperienziali del paziente che nel caso di manifestazioni psicopatologiche, possono non apparire configurati storicamente all’interno della trama. Il testo riportato dal paziente in seduta appare al terapeuta frammentato, carico di incoerenze, Il “sentire” emotivo risulta quindi essere “slegato” dal contenuto esperienziale.

Compito del terapeuta sarà consentire al paziente di riconoscere le incongruenze del racconto riportato e guidarlo nella costruzione di una trama maggiormente identitaria, che sappia rispecchiare l’accadere degli eventi e l’emotività in gioco ad essi associata. Un processo che non soltanto consentirà al paziente di ricostruire un racconto maggiormente identitario ma consentirà di attribuire un senso compiuto al proprio “sentire” accogliendo il turbinio di emozioni in gioco, riconoscerle come proprie e consentire al “verbo” di tornare alla “carne”.
Il senso coerente del proprio “sentire” consentirà al paziente di aprire a nuovi orizzonti futuri possibili e raggiungibili e di intraprendere nuovi percorsi attraverso i quali la sintomatologia psicopatologica non avrà più ragione di esistere. Il paziente si riapproprierà del proprio “sentire” ed il racconto ri-specchierà una coerenza individuale che guiderà il paziente in quell’ordine di significati e di eventi perso nel tempo.

Dr.ssa Sabrina Rolandi

Alcuni video semplici ed esplicativi: